La tecnica di rivascolarizzazione miocardica a cuore battente riduce la morbilità e la mortalità operatorie


La rivascolarizzazione miocardica a cuore battente è una tecnica consolidata che fornisce risultati comparabili o superiori all’approccio tradizionale.
Uno studio ha riportato i risultati di una esperienza di 15 anni con tale tecnica.

Dal marzo 1998 al gennaio 2013, 2006 pazienti ( 1386 maschi e 620 femmine ) sono stati sottoposti a rivascolarizzazione miocardica a cuore battente. L’età media era di 63.8 anni ( range 45-89 ).
In 75 pazienti la frazione di eiezione del ventricolo sinistro ( FEVS ) era inferiore al 25%, ed in 25 era presente una stenosi critica ad uno od entrambi i tronchi sovra-aortici.

In tutti i casi ad eccezione di 4, è stata utilizzata l’arteria mammaria interna di sinistra; in 574 pazienti furono utilizzati solo condotti arteriosi ( arteria mammaria destra in 570 pazienti, arteria radiale in 16, arteria gastroepiploica in 2 ).
L’intervento è avvenuto in elezione nel 38.7% dei casi, in regime di urgenza nel 56.6% ed in condizioni di emergenza nel 4.7%.
I casi di reintervento furono l’1.4%. 57 pazienti mostravano insufficienza mitralica almeno moderata. 43 pazienti avevano contestuale malattia critica dei tronchi sopra-aortici.

Dal 2008 tutti i graft vennero validati mediante transit time flowmetry.

In 217 pazienti è stato effettuato un bypass singolo ( minitoracotomia sinistra in 26 ); in 595 duplice, in 773 triplice, quadruplice in 362, quintuplo in 50, sestuplo in 3.

Una rivascolarizzazione intenzionalmente incompleta è stata effettuata in 107 pazienti ( 5.3% ), nei quali il completamento interventistico è stato effettuato prima della dimissione.

Le procedure associate sono state 1 caso rispettivamente di wrapping dell’aorta ascendente per ectasia, legatura di fistola aortopolmonare, sutura a cuore battente di impending rupture dell’apice del ventricolo sinistro.

In 83 pazienti ( 4.1% ) è stato contestualmente utilizzato il contropulsatore aortico, mentre la conversione al bypass cardiopolmonare è stata richiesta in 28 pazienti ( 1.4% ).

Dei 57 pazienti con insufficienza mitralica, solo 5 richiesero intervento ( 3 riparazioni e 2 sostituzioni ) al termine della procedura.

I 43 pazienti con arteriopatia carotidea vennero sottoposti successivamente a endoarteriectomia a distanza, senza che fossero registrati accidenti cerebrovascolari.

La mortalità operatoria è stata dello 0.997% ( n=20 ), per arresto cardiaco irreversibile, bassa portata, insufficienza multiorgano ed ischemia mesenterica.

Le complicazioni maggiori furono il sanguinamento ( n=56 ), sindrome da bassa portata ( n=145 ) con chiusura ritardata dello sterno in 9; ARDS in 87 pazienti ( 4.3% ), con 13 pazienti che hanno richiesto tracheotomia temporanea; insufficienza renale in 25 pazienti ( 1.25% ); addome acuto in 7 ( 0.35% ).
Tra le complicazioni neurologiche ci sono stati 4 casi di attacchi ischemici transitori ( TIA ) ( 0.19% ) e due casi di ictus ( 0.1% ).

La degenza media è stata di 5.9 giorni.

In conclusione, la rivascolarizzazione miocardica a cuore battente riduce sensibilmente la mortalità operatoria e praticamente annulla le complicanze neurologiche maggiori. ( Xagena_2014 )

Graffigna A et al, G Ital Cardiol 2014; 15: Suppl 2 al N 4

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