Dagli stent a rilascio di farmaco agli stent bioassorbibili


Gli stent a rilascio di farmaco ( drug-eluting stents, DES ) di ultima generazione sono l’attuale gold standard nel trattamento percutaneo della coronaropatia aterosclerotica, grazie alla significativa riduzione degli eventi avversi rispetto alle precedenti tecnologie ( in particolare a breve e medio termine ).
Tuttavia, dopo impianto di stent medicati permane un rischio non-trascurabile di eventi avversi a lungo termine – circa 2% all’anno – correlato in parte alla permanenza delle maglie metalliche dello stent e del polimero a rilascio di farmaco nella parete coronarica.

L’associazione tra la persistenza di un corpo estraneo nella parete coronarica ed eventi avversi tardivi è indirettamente suggerita dal fatto che, in pazienti trattati con angioplastica coronarica semplice, l’incidenza di eventi avversi tardivi ( 5-10 anni ) è significativamente inferiore rispetto a quella di pazienti trattati con stent metallici ( pur in presenza di tassi significativamente maggiori di eventi avversi precoci ).

Numerosi altri limiti degli stent medicati, anche di ultima generazione, sono l’alterazione della normale funzione endoteliale, il rischio di neoaterosclerosi legato a reazioni infiammatorie locali, il caging del vaso nativo con compromissione della normale vasomotricità e della possibilità di rimodellamento vascolare e la mancata possibilità di utilizzare imaging coronarico non-invasivo e di impiantare successivamente graft chirurgici.
Inoltre, il supporto meccanico fornito dallo stent dopo rivascolarizzazione coronarica è necessario nei primi 3-4 mesi, al fine di prevenire fenomeni precoci di recoil, ma non a lungo termine.

L’innovazione tecnologica ha consentito la creazione di stent coronarici riassorbibili ( bioresorbable stents, BRS ), in grado di degradarsi e riassorbirsi nel giro di pochi anni dall’impianto.

Il razionale di tale tecnologia consiste nella possibilità di ottenere un transitorio supporto meccanico senza compromettere il successivo recupero della normale fisiologia vascolare e prevenendo eventi avversi tardivi legati agli elementi permanenti degli stent a rilascio di farmaco.

Studi di imaging intracoronarico hanno confermato la completa degradazione degli stent bioassorbibili ( BRS ) dopo 3-4 anni dall’impianto, con recupero della normale vasomotricità e rimodellamento vasale, sostenuto da fenomeni infiammatori locali, che può portare a ingrandimento del lume vasale e regressione dell’originaria placca aterosclerotica.

Lo stent Igaki-Tamai è stato il primo stent completamente biodegradabile utilizzato nell’uomo. Costituito di Acido L-polilattico ( PLLA ), non era dotato di alcun farmaco antiproliferativo ed era pertanto caratterizzato da un elevato tasso di rivascolarizzazioni ripetute a breve termine.
Il follow-up tuttavia ha dimostrato tassi accettabili di eventi avversi a lungo termine e l’effettiva dissoluzione dello scaffold, fornendo le prime evidenze per la cosiddetta terapia di ripristino vascolare ( vessel restoration therapy, VRT ).

Successivamente, vari tipi di stent bioassorbibili hanno ottenuto il marchio CE ( Comunità Europea ) e sono stati introdotti nella pratica clinica in Europa, mentre altri sono via di sperimentazione.
Tuttavia, la maggior parte dei dati clinici di efficacia e sicurezza si riferisce a un singolo stent bioassorbibile, l’Absorb Bioresorbable Vascular Scaffold ( Absorb BVS, Abbott Vascular ).
Nonostante la disponibilità di dati clinici incoraggianti in un crescente numero di contesti clinici, non sono disponibili linee guida di società internazionali sulle indicazioni all’utilizzo degli stent bioassorbibili nella pratica clinica. ( Xagena_2016 )

Fonte: GISE, 2016

Xagena_Medicina_2016