Evidenze sull’impiego degli stent metallici nudi e degli stent medicati


Nella cardiologia interventistica, così come in altri campi della medicina, le analisi di sottogruppo post-hoc dovrebbero essere interpretate con cautela. Queste analisi possono fornire importanti indicazioni, ma le conclusioni possono essere accettate solo se i dati sono molto evidenti, coerenti tra tutti gli studi, e basati su una fisiopatologia plausibile.

Infarto miocardico con sopraslivellamento ST

Il periodo di follow-up di 2 anni della coorte STEMI del Registro GRACE ha mostrato una più bassa mortalità ospedaliera nella coorte stent medicato, un’incidenza di mortalità simile dal momento della dimissione ospedaliera fino a 6 mesi, ma un’incidenza di mortalità più alta dai 6 mesi ai 2 anni nei pazienti a cui era stato impiantato uno stent a eluizione di farmaco ( n=569 ), rispetto ad uno stent di metallo nudo ( n= 1.729 ) ( HR= 6,69 ).
La percentuale di sopravvivenza successiva a uno stent medicato o a uno stent di metallo nudo sono risultati simili sia nella popolazione generale che nel gruppo non-STEMI ( infarto miocardico senza sopraslivellamento ST ).
Una meta-analisi di studi clinici, che ha riguardato pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento ST ( 8 studi per 2.716 pazienti ) non ha mostrato nessuna differenza negli endpoint clinici di morte e infarto miocardico in questi pazienti ad alto rischio. Tuttavia la maggior parte degli studi avevano un follow-up limitato a un anno.

Malattia coronarica multivasale

Lo studio ARTS- II ( Arterial Revascularization Therapies Study ) ha confrontato la sicurezza e l’efficacia dell’intervento coronarico percutaneo ( PCI ) con l’utilizzo dello stent a rilascio di Sirolimus ( n= 607 ), rispetto al braccio chirurgico ( n= 605 ) e al braccio percutaneo ( n= 600 ) di ARTS-I nei pazienti con malattia coronarica multivasale.
I dati a 3 anni hanno indicato che nonostante il più alto profilo di rischio clinico e angiografico della popolazione di ARTS-II, l’incidenza di morte/ictus/ infarto miocardico era significativamente più bassa rispetto al braccio PCI di ARTS-I e simile al braccio CABG ( chirurgia coronarica ) di ARTS-I.
Nonostante la significativamente più bassa percentuale di ripetizione dell’intervento in ARTS-II rispetto all’intervento PCI in ARTS-I, il bypass coronarico ( CABG ) rimane associato al più basso tasso di re-intervento rispetto a entrambi i gruppi PCI.
Queste scoperte sono in linea con i risultati a 3 anni dell’Argentine Randomized Study Coronary Angioplasty vs Coronary Bypass Surgery in Multiple Vessel Disease ( studio ERACL-III; n= 675 ), che ha mostrato percentuali simili di morte, ictus, e infarto miocardico fino a 3 anni nei pazienti trattati con stent a rilascio di farmaci, rispetto sia a CABG che a PCI con stent di metallo nudo, e significativamente più ridotte rivascolarizzazioni ripetute nel gruppo CABG rispetto a entrambi i bracci PCI.

Piccoli vasi, lesioni lunghe, diabete

Dall’analisi dello studio BASKET-LATE, dai dati osservazionali dell’Ontario ( Canada ) ( n= 16.498 ) e dai dati del Registro di tutti i PCI in Belgio ( n= 15.237 ), è emerso che il beneficio degli stent medicati era evidente soprattutto nei piccoli vasi, nelle lesioni lunghe, nei pazienti con diabete, e nei bypass.
Tra i pazienti affetti da diabete, lo stent medicato è risultato efficace nel ridurre la necessità di rivascolarizzazione in quasi tutti i tipi di lesione senza riguardo per lo stato dell’infarto miocardico.
Tra i pazienti senza diabete, il beneficio dello stent a eluizione di farmaco era più limitato, ma era evidente nelle lesioni lunghe, piccoli vasi, e soprattutto quando entrambe queste due condizioni coesistevano.
. Anche dalla meta-analisi è emerso che il numero necessario da trattare ( NNT ) per prevenire la rivascolarizzazione del vaso bersaglio, era più basso tra i pazienti con diabete rispetto ai pazienti senza diabete.
In una meta-analisi di studi pilota, controllati e randomizzati, è stata riscontrata una significativa eterogeneità degli effetti del trattamento nei pazienti con o senza diabete.
La percentuale di sopravvivenza cumulativa a 4 anni tra i pazienti senza diabete non è risultata diversa in modo significativo tra i due gruppi, mentre la percentuale di sopravvivenza per i pazienti con diabete era significativamente più bassa nel gruppo stent a rilascio di Sirolimus (p= 0,008).
La mortalità per cause cardiovascolari e non-cardiovascolari tra i pazienti diabetici ( n= 428 ) era più frequente nel gruppo stent medicato con Sirolimus.
Nel sottogruppo dei pazienti con diabete, la trombosi dello stent più di un anno dopo la procedura era aggiudicata più frequentemente tra i pazienti con stent a rilascio di Sirolimus che tra quelli con stent di metallo nudo.
A causa del basso numero di eventi questi risultati dovrebbero essere interpretati con cautela; non sembra che spieghino in modo adeguato la differenza osservata nella sopravvivenza tra pazienti con diabete nei due gruppi.
Di contro, in una meta-analisi di maggiori dimensioni, nessuna significativa differenza nella mortalità per tutte le cause è stata osservata in 3.679 pazienti con diabete. ( Xagena_2009 )

Fonte: European Heat Journal, 2009



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